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Sicurezza stradale e vittime della strada: un’emergenza sottovalutata

Ogni giorno, in Italia e nel mondo, migliaia di persone escono di casa senza sapere che non faranno ritorno. Succede all’improvviso: un sorpasso azzardato, una distrazione al volante, un incrocio non rispettato. Gli incidenti stradali sono tra le principali cause di morte, soprattutto tra i giovani, eppure raramente ricevono l’attenzione mediatica e politica che meriterebbero.

La sicurezza stradale è una responsabilità collettiva e un’emergenza sociale ancora troppo sottovalutata. Secondo i dati ISTAT, nel 2023 in Italia si sono verificati circa 165.000 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno causato oltre 3.100 morti e quasi 220.000 feriti. In media, ogni giorno muoiono 8 persone e più di 600 restano ferite.

Numeri impressionanti, che raccontano di famiglie distrutte, vite spezzate, sogni interrotti. Eppure, questi dati sembrano passare inosservati nell’opinione pubblica, come se fossero parte di un destino inevitabile.

Gli incidenti stradali non sono eventi casuali, come ricorda Paola Conte - autrice del libro Il dono rubato.  Nella maggior parte dei casi, sono la conseguenza di comportamenti errati, condizioni infrastrutturali inadeguate o mancanza di controlli efficaci.

Dietro ogni statistica c’è un volto.

Una madre, un figlio, un amico, una compagna.

Le vittime della strada non sono numeri ma persone vere con sogni, progetti, legami. E spesso, oltre al dolore, le famiglie si trovano a dover affrontare l’indifferenza istituzionale, la lentezza della giustizia e un sistema che raramente offre un sostegno reale. Esiste un forte squilibrio tra l’impatto sociale di un incidente e l’attenzione che gli viene riservata. A differenza di altri eventi traumatici, le morti sulla strada sono spesso considerate “incidenti”, come se non ci fosse responsabilità o possibilità di prevenzione. Questo atteggiamento contribuisce a una cultura della rassegnazione, che ostacola il cambiamento.

La sicurezza stradale non è un’opzione: è un diritto fondamentale. Tutti hanno il diritto di spostarsi senza rischiare la vita. Per questo è necessario un cambiamento culturale, istituzionale e infrastrutturale. La prevenzione deve diventare una priorità, attraverso politiche pubbliche coerenti, investimenti, controlli e campagne educative.

Alcune misure chiave includono:

  • riduzione dei limiti di velocità nei centri urbani e nelle zone ad alta densità pedonale;
  • miglioramento della rete infrastrutturale, con particolare attenzione a pedoni, ciclisti e persone con disabilità;
  • educazione alla sicurezza nelle scuole, fin dalla tenera età;
  • campagne di sensibilizzazione che mettano al centro le storie delle vittime e i rischi reali della guida distratta o irresponsabile;
  • supporto alle vittime e alle loro famiglie, attraverso fondi di assistenza, percorsi psicologici e accesso facilitato alla giustizia.

Da sempre la mobilità è stata vista principalmente o, meglio, esclusivamente in funzione dell’automobile. Ma le città stanno cambiando. Sempre più persone si muovono a piedi, in bicicletta, con mezzi pubblici o in monopattino. Questo cambiamento richiede una nuova visione della mobilità, in cui la sicurezza sia la priorità assoluta.

Numerose associazioni nate da familiari di vittime – come l’ASAPS, l’AIFVS o Fondazione Michele Scarponi – si battono ogni giorno per ottenere giustizia, sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una cultura della sicurezza. Le loro battaglie dimostrano che, dietro ogni tragedia, può nascere anche una forza trasformativa.

Raccontare queste storie, ascoltarle, dare loro spazio nei media e nelle istituzioni è fondamentale per non dimenticare e per evitare che la morte di una persona sulla strada venga considerata inevitabile.

Questo è il principale motivo che ha spinto Paola Conte a fare conosce la sua storia, quella di Andrea, della sua famiglia e dei suoi amici attraverso il libro Il dono rubato

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